LA STATUA
racconto di En
La cittadina di Fanterra, 25.000 abitanti, si adagia per buona parte sulla
pianura e in parte sulla collina, il fiume che l'attraversa la divide esattamente
in due.
In quella bellissima giornata di fine aprile gli operosi fanterrini erano ancora
ignari di quello che da lì a poco avrebbe sconvolto la quiete della loro città.
Il sole ristorava il giardino della casa del professore e attraverso la finestra
aperta irradiava di luce lo studio.
Il professore, seduto alla sua scrivania, era immerso nella lettura e di tanto in
tanto appuntava su un foglio le sue riflessioni. Aveva sollevato gli occhi dalle
sue carte e guardava il soffitto come usava fare quando pensava, ad un tratto si
accorse che c'era qualcosa di nuovo nella stanza: uno strano riflesso
proveniente da una statua lo aveva colpito. Ritornò a guardarla - eh sì- c'era
qualcosa sul volto di quel mezzobusto di bronzo! Si alzò e si avvicinò alla
piccola colonna su cui troneggiava la statua. Indubbiamente qualcosa colava
dagli occhi e scendeva fino alla barbetta. Si tolse gli occhiali e si avvicinò di
più, allungò l'indice della mano destra e toccò quel rigagnolo che scendeva
dagli occhi.
Era un liquido rossiccio sembrava proprio sangue! Ed era indubbio che
uscisse dagli occhi perché la colata si allungava sempre più.
Il professore scosse la testa e guardò da un'altra parte, poi ritornò a guardare la
statua: era proprio così come l'aveva vista prima! Allora chiamò la moglie -
Dorinaaa.
La donna allarmata dall'urlo del marito si precipitò nella stanza.
- Guarda lì - disse il marito.
- Lì dove? - chiese la moglie.
- Lì nel busto. - Rispose il professore. La moglie guardò poi fece - Ah è sporco. Quella benedetta donna non spolvera mai! - Prese uno straccio per pulire il volto del bronzo ma ben presto si accorse che più puliva e più imbrattava lo straccio e il volto della statua di un liquido che pareva sangue. Spaventata lasciò cadere il panno a terra poi con voce tremante disse: - Ma è sangue! Sta lacrimando sangue!
- Già - disse il marito, - telefoniamo al Segretario.
Il Segretario arrivò e anche lui concordò che il busto lacrimava sangue. Con
occhiata interrogativa fissò i due coniugi, questi scossero la testa come a dire: -
Ne sappiamo quanto te, noi non c'entriamo.
Allora presero il busto lo girarono sotto e sopra, lo scossero, lo rigirarono
ancora ma non trovarono nulla che potesse rivelare una manomissione. Lo
riposizionarono sulla colonna e quello continuava a lacrimare.
Indubbiamente dal mezzobusto di bronzo di Nikolaj Vladimir Ilic Ulianov
Lenin sgorgavano lacrime di sangue!
II
Era naturalmente impensabile che il fatto restasse confinato fra quelle quattro
mura. Il segretario infatti ne aveva parlato con qualcuno nella sede del partito.
Cominciò così un via vai di persone che alla spicciolata si presentavano a casa
del professore per vedere. Successivamente la processione di gente che
andava e veniva aumentò in maniera esponenziale, per cui al III giorno di
lacrimazione si decise di portare il busto in giardino.
Ora nel giardino vi era un bell'albero di ulivo, di quelli alti e frondosi e con il
grande tronco che porta i segni del tempo, era quest'albero l'orgoglio e il
piacere del professore. Si decise di porre il busto sotto quella pianta e lì
trasportarono anche la piccola colonna.
Cominciarono così ad arrivare i primi garofani rossi.
A quel punto la cosa divenne di dominio pubblico, ammesso che già non lo
fosse stata prima. E intanto la lacrimazione continuava.
Arrivò subito la presa di posizione di tutte le parrocchie della cittadina. I
parroci dai loro pulpiti ammonivano sdegnati i fedeli e raccomandavano loro
di non andare a vedere la statua perché era sicuramente un trucco di cattivo
gusto preparato da buontemponi a scapito dei creduloni locali.
Al IV giorno la lacrimazione continuava ancora e cominciarono ad arrivare
dai paesi vicini e arrivarono anche i giornalisti e le televisioni, pare che
quando il busto veniva ripreso dalle telecamere o fotografato la lacrimazione
si trasformava addirittura in zampillo.
Chi in quei giorni si recava all'Arcivescovado nel capoluogo di provincia,
vedeva tonache svolazzanti che si affrettavano per i corridoi per poi
scomparire dentro qualche stanza da dove si sentiva un chiacchierio fitto fitto
spezzato da qualche piccolo urlo.
L'anatema della curia non si fece attendere: non solo si invitavano i fedeli a
non dare peso a queste cose, ma si invitavano anche le Autorità competenti a
prendere i provvedimenti del caso.
Al V giorno di lacrimazione arrivarono i carabinieri che presero il busto e lo
portarono via. Il professore pretese comunque che una volta finiti i controlli la
statua gli venisse restituita.
Il busto venne esaminato, radiografato, tagliato, spezzettato e rivoltato e non
fu trovata una causa che potesse spiegare la lacrimazione.
Anche il liquido fu esaminato: risultò essere sangue umano e ne fu
determinato anche il gruppo. Alla fine fu rimontato per come era e quello
continuava a lacrimare!
Dopo cinque giorni dal sequestro e sotto la pressione dell'opinione popolare
fu riconsegnato al proprietario e riposto sotto l'ulivo.
All'undicesimo giorno di lacrimazione la Curia inviò una Task-force che si
acquartierò sulla sponda sinistra del fiume. Si poteva così seguire meglio la
vicenda e dare man forte alle parrocchie. Puntuale arrivò il comunicato: si
trattava sicuramente di un trucco o peggio ancora dell'opera del Maligno.
Intanto la processione di gente per vedere questo fatto straordinario
continuava. E cominciarono a venire anche dalle città e dai paesi più lontani,
tutti portavano fiori e il giardino del professore sembrava ormai un campo di
garofani rossi.
Al XII giorno di lacrimazione si pensò di chiedere ai Russi di prelevare un
frammento del corpo di Lenin per uno studio comparato con il sangue della
statua.
La Curia inveì contro questa iniziativa che riteneva pericolosa perché
avallava l'ipotesi di un fatto sovrannaturale.
I Russi fecero sapere che a loro la cosa, in questo momento, non garbava tanto, ma che comunque ci avrebbero pensato.
I Giapponesi con le loro macchine fotografiche e telecamere erano già arrivati,
si aspettavano anche comitive di nostalgici dalla Russia.
E Fanterra si riempiva sempre più di gente: il popolo rosso arrivava da ogni
parte. E mentre la città si riempiva, le chiese si svuotavano. La task-force
della Curia convenne che la faccenda cominciava a diventare preoccupante.
La distribuzione dei santini, indice fedele dell'atteggiamento dei fedeli, faceva
rilevare che i S.Antonio, i S.Giovanni Bosco, i S.Agnese e i S.Sebastiano
erano precipitati al di sotto dei minimi storici. I S. Francesco si erano
dimezzati, tenevano ancora i Padre Pio, ma gli esperti da qualche accenno alla
flessione temevano il peggio.
In compenso era tutto un fiorire di bancarelle che vendevano bandiere rosse
con il ritratto di Lenin e piccole falci e martello. Inoltre erano spuntati poster
e bandiere di supporto con i Che Guevara, i Mao-tse-Tung i Marx ecc.
Andavano letteralmente a ruba tanto che anche le magliette delle squadre di
calcio avevano lasciato il posto alle bandierine e magliette rosse.
E intanto arrivava sempre più gente, al XIII giorno di lacrimazione arrivò il
sottosegretario alla cultura. Il busto cominciò a sanguinare di più: sembrava
una fontana! Quando si capì che era per la presenza del sottosegretario questi
fu immediatamente allontanato: quel povero busto di bronzo rischiava una
emorragia seria!
Al XIV giorno la Curia decise il gioco duro. Al richiamo risposero le
associazioni cattoliche, i boy-scout, Comunione e liberazione e quant'altri. Si
sarebbe svolta una grossa manifestazione con in testa gli esorcisti al fine di
fare rimuovere la statua.
A questo punto i No-Global indissero una contromanifestazione contro
l'egemonia dell'immagine da parte della Chiesa e promisero che nessuno si
sarebbe avvicinato alla zona rossa.
La situazione rischiava di diventare esplosiva, le forze dell'ordine
cominciarono a concentrarsi a Fanterra.
In tutta questa baraonda gli unici che ne traevano reale vantaggio erano gli
osti, gli albergatori, i pizzicagnoli, i venditori. Non si sapeva più dove mettere
la gente che arrivava. Di sotto, di sopra, di lato tutto era pieno e si
cominciarono a riempire anche i paesi vicini.
Erano sorti menù speciali come i maccheroncini pasticciati alla Lenin e se
qualcuno chiedeva una bistecca si sentiva rispondere: come la vuole ben cotta
o alla Lenin?
Era spuntato anche il Lenincello rigorosamente rosso.
La sera nei cinema la facevano da padroni Warren Beatty e Diane Keaton con
Reds, mentre per i palati più fini c'era La corazzata Pothiompkin.
A quel punto dalla sponda sinistra del fiume la curia tirò fuori l'asso dalla
manica.
Al XV giorno arrivò il comunicato.
Sì il mezzobusto sanguinava e allora? C'era stato forse un miracolo?
Qualcuno era stato miracolato? Nessun miracolo? Allora il fenomeno era
privo di significato!
Il popolo rosso sbandò, si riaggregò, ci ripensò: in effetti non c'era stato
nessun miracolo, ma si poteva chiedere questo al mezzobusto di Lenin?
Nella notte una riunione nella sede del partito cercò di mettere a punto una
strategia per rispondere al colpo della Curia.
Il popolo rosso fu invitato a raccogliersi attorno al busto. Cominciarono così
ad intonare l'Internazionale, bandiera rossa e quante altre ne conoscevano. Le
canzoni erano interrotte dalle litanie: Marx-Lenin-Mao-Tse-Tung,
Che..Che..Che..Guevara; Ho.. Ho... Chi Min.
Ma al XVIII giorno il miracolo non arrivava.
Si dovette aspettare il XX giorno quando fin dal mattino si sparse la voce che
il miracolo ci sarebbe stato. E la voce corse di bocca in bocca fra il popolo
rosso e tutti i curiosi che erano giunti fin lì. Alla fine della mattinata la voce di
popolo diceva che la notizia sarebbe stata data in anteprima dal TG3 alle ore
19. Si approntarono allora dei Maxi-schermi nelle piazze, nel giardino del
professore, nei cinema e nei ristoranti.
Alle 19 il popolo rosso e tutti gli altri erano raccolti attorno ai monitor.
Il Telegiornale iniziò puntuale. Lo Speaker annunciò: la Presidenza del
Consiglio comunica che il Presidente ha venduto le sue televisioni ai
Giapponesi, inoltre ha venduto tutti i giornali e quanto altro possa fare
intersecare gli affari con la politica!
O' miracolo!... U' Miraculu!... Ma l'è un miracolo! - Si sentiva gridare nei vari dialetti dal popolo rosso che alzava i pugni al cielo. Lo speaker continuava: una notizia giunta adesso - il sottosegretario alla cultura chiede scusa agli obiettori di coscienza per averli chiamati culattoni in una nota trasmissione televisiva. Il popolo rosso urlò. Un altro foglio fu posato sulla scrivania dello speaker. - Dunque - disse, - il Ministero dell'istruzione comunica che, in accordo con il Consiglio dei ministri ha deciso di stralciare la questione del finanziamento della scuola privata e che non se ne parli più - annuì sornione lo speaker.
- Si è deciso di eliminare la questione in base al semplice principio che i
cittadini pagano le tasse per la scuola pubblica e non per i privati. Se qualcuno
manda i figli alla scuola privata che se la paghi tutta. - Un boato esplose dal
popolo rosso.
Un'altra agenzia giunta adesso - informava lo speaker, - il Consiglio di
amministrazione della RAI ha deciso di affidare la direzione del TG3 ad
Alessandro Curzi, saranno potenziati i collegamenti con Kabul. Era
incredibile, le miracolose notizie si susseguivano una dietro l'altra, il popolo
rosso adesso cantava.
Un altro foglio fu posto sul tavolo: - Questa viene dalla direzione della Lega
Nord - si interruppe. - ma daii.... - disse - ...questa non la leggo. Non può
essere.... Avete controllato?... - Prese il telefono che suonava, dall'altra parte si
sentiva un parlare fitto fitto. Il popolo rosso era in trepida attesa. - E va bene -
disse lo speaker - la leggo. La direzione della Lega informa che si è resa conto
che in Italia ci sono 20 regioni con venti Parlamenti e Presidenti regionali.
Ormai per muoversi da una regione ad un'altra ci sono molti ostacoli
burocratici. La direzione prende atto che mentre si và verso l'Europa unita il
nostro Paese tende a frammentarsi. La Lega dice basta a questo dato di fatto e
asserisce che l'Italia è una ed indivisibile, il tricolore è la sua bandiera e
Fratelli D'Italia l'inno nazionale! - Seguiva breve filmato ove i dirigenti leghisti
cantavano: - Fatemi cantaree... fatemi cantareee... perché sono un italiano, un
italiano verooo...
Adesso qualcuno cominciava a svenire, altri avevano le lacrime agli occhi, i
rossi napoletani intonavano: - Chi ha avuto ha avuto... chi ha dato ha
dato... scurdammoci ò passato simmo e Napule paisà... - Dalle trattorie si
sentivano i colpi di tosse di coloro a cui il boccone era andato per traverso a
queste notizie.
Un'altra agenzia fu portata sul tavolo dello speaker, questi prese il
telefono - ...ma siete sicuri. Va bene. Ma sicuri?... Va bene la leggo.
Questa arriva dal Vaticano - disse - la Chiesa all'alba del III millennio ha deciso di tornare alla povertà delle origini. Tutti i beni della chiesa, opere d'arte, palazzi, castelli ecc.. saranno venduti e il ricavato sarà donato ai poveri - e non importa se non potremo aiutarli tutti, ma qualche sofferenza sarà alleviata. E non ci preoccuperemo di cosa faremo domani, saremo come gli uccelli del cielo, il Padre Nostro provvederà a noi! Anche noi vogliamo passare per la cruna dell'ago! E non diremo più agli abitanti delle borgate romane di accettare i campi dei nomadi, noi diremo: "Fratelli che non siete accettati e non sapete dove andare, venite da noi! vi apriremo i Giardini Vaticani".
Adesso cominciavano ad arrivare le ambulanze e portavano le bombole di
ossigeno per i cardiopatici e gli asmatici che si sentivano male, il popolo rosso
era accomunato in un unico urlo: Miracolo, Miracolo.
Poi il telegiornale finì e tutti si zittirono, il busto di Lenin aveva smesso di
lacrimare.
Le bandiere vennero riavvolte e piano piano tutti: rossi, bianchi e curiosi
cominciarono a sciamare. Ognuno andava con il cuore gonfio di qualcosa che
se non era proprio gioia era sicuramente soddisfazione. La cittadina e i paesi
vicini si svuotarono a poco a poco. La statua venne rimossa dal professore e
pensiamo che sia ben custodita.
Noi abbiamo narrato gli avvenimenti così come si svolsero nella cittadina di
Fanterra, senza nulla aggiungere per non ingigantirli, né togliere per sminuirli,
ma abbiamo voluto essere fedeli testimoni dei fatti così come essi si svolsero.
E il lettore che pazientemente è arrivato fin qua forse dirà con un po' di
disappunto che queste cose succedono solo nei racconti. Certamente diciamo
noi, succedono solo nei racconti, ma è nei racconti che la nostra fantasia,
attraverso le parole, diventa immagine che viene trasmessa e condivisa con
altri. E la fantasia che vi piaccia o no appartiene a tutti noi e ci aiuta a vivere e
a sognare.
E per finire lasciatemi dire che dedico questo racconto a Nonninobig che ha
riportato il vino alla natura e riavvicinato la natura al vino.
En
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