R: Giudicherai te stesso! E la cosa pi difficile. E molto più difficile giudicare se stessi che gli altri. Se riesci a giudicarti bene è segno che sei veramente saggio.

P: Ma io posso giudicarmi ovunque, non c'è bisogno che resti qui.

R: Credo che da qualche parte nel mio regno ci sia un vecchio topo. Lo sento durante la notte. Potrai giudicare questo vecchio topo. Lo condannerai a morte di tanto in tanto così la sua vita dipenderà dalla tua giustizia. Ma lo grazierai ogni volta visto che dopotutto è uno solo.

P: Non mi piace condannare a morte. Preferisco andarmene.

R: No!

P: Se vostra maestà desidera essere ubbidito può darmi un ordine ragionevole. Potrebbe ordinarmi, per esempio, di partire prima che sia passato un minuto. Mi pare che le condizioni siano favorevoli.

Il re tace e il piccolo principe si allontana.

R: Ti nomino mio ambasciatore!

Vt: Ah, ecco la visita di un ammiratore.

P: Buon giorno. Che buffo cappello avete!

Vt: E per salutare quando mi acclamano ma sfortunatamente non passa mai nessuno da queste parti... Batti le mani l'una contro l'altra!

Il piccolo principe applaude e il vanitoso si toglie il cappello in segno di saluto.

Vt: Mi ammiri molto, vero?

P: Cosa vuol dire ammirare?

Vt: Ammirare vuol dire riconoscere che io sono l'uomo più bello, più elegante, più ricco e più intelligente di tutto il pianeta.

P: Ma non è vero!

Vt: E tu ammirami lo stesso, che ti costa?

P: Ti ammiro. Ma a che ti serve? (Si allontana e si accosta all'ubriacone)Che cosa fai?

U: Bevo.

P: Perché bevi?

U: Per dimenticare.

P: Per dimenticare cosa?

U: Per dimenticare che ho vergogna.

P: Vergogna di che?

U: Vergogna di bere. ( Il piccolo principe si avvicina all'uomo d'affari che non si cura di lui )

P: Buon giorno. La vostra sigaretta è spenta.

Af: Tre più due: cinque. Cinque e sette: dodici. Dodici più tre fa quindici.
Buon giorno... Quindici più sette fa ventidue. Ventidue più sei: ventotto. Non ho tempo per riaccenderla. Ventisei più cinque: trentuno. Ouf! Dunque fa cinquecentodieci milioni e seicentoventiduemilasettecentotrentuno.

P: Cinquecentodieci milioni di che?

Af: Sei sempre là? Cinquecentodieci milioni di... non lo so più. Ho talmente da fare! Sono un uomo serio, io non mi diverto con delle frottole! Due più cinque: sette...

P: Ma cinquecentodieci milioni di che?

Af: Da cinquantaquattro anni che abito in questo pianeta non sono stato disturbato che tre volte. La prima volta è stato ventidue anni fa da un coleottero arrivato chissà da dove. Faceva un rumore spaventoso e ho fatto quattro errori in una addizione. La seconda volta è stato undici anni fa' per una crisi di reumatismi. Non mi muovo mai, non ho il tempo di gironzolare. Sono un uomo serio, io. La terza volta... eccolo! Dicevo dunque cinquecentodieci milioni...

P: Milioni di che?

Af: Milioni di quelle piccole cose che si vedono qualche volta in cielo.

P: Di mosche?

Af: Ma no, di piccole cose che brillano.

P: Di lucciole?

Af: Ma no. Di quelle piccole cose dorate che fanno fantasticare i poltroni. Ma sono un uomo serio, io! Non ho il tempo di fantasticare.

P: Ah! Di stelle?

Af: Eccoci. Di stelle.

P: E che ne fai di cinquecentodieci milioni di stelle?

Af: Cinquecentodieci milioni e seicentventiduemilasettecentotrentuno. Sono un uomo serio, io sono un uomo preciso.

P: E che te ne fai di queste stelle?

Af: Che cosa me ne faccio?

P: Sì.

Af: Niente. Le possiedo.

P: Tu possiedi le stelle?

Af: Sì.

P: Ma ho già incontrato un re che...

Af: I re non possiedono. Ci regnano sopra. E molto diverso.

P: Comunque non ho capito come si fa a possedere le stelle.

Af: Eh eh.... Di chi sono le stelle?

P: Non lo so, di nessuno!

Af: Allora sono mie che ci ho pensato per primo.

P: E questo basta?

Af: Certo! Quando trovi un diamante che non di nessuno, è tuo. Quando trovi un'isola che non è di nessuno, è tua. Quando hai un'idea per primo, la fai brevettare ed è tua. Ed io possiedo le stelle perché mai nessuno prima di me si sognato di possederle.

P: Questo vero, ma che te ne fai?

Af: Le amministro. Le conto e le riconto. E una cosa difficile ma io sono un uomo serio.

P: Io, se possiedo un fazzoletto di seta posso metterlo intorno al collo e porarmelo via. Se possiedo un fiore posso coglierlo e portarlo con me. Ma tu non puoi portar via le stelle.

Af: No, ma posso depositarle in banca.

P: Che cosa vuol dire?
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Af: Vuol dire che scrivo su un pezzetto di carta il numero delle mie stelle e poi chiudo a chiave questo pezzo di carta in un cassetto.

P: Tutto qui?

Af: Sì, è sufficiente.

P: E a cosa ti serve possedere le stelle?

Af: Mi serve ad essere ricco.

P: E a che ti serve essere ricco?

Af: A comprare altre stelle, se qualcuno ne trova.

P: Questo discorso mi ricorda un ubriacone che ho appena incontrato. E un ragionamento divertente, e anche abbastanza poetico, ma non è molto serio.
Io possiedo un fiore che annaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. E' utile ai miei vulcani, ed è utile al mio fiore che io li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle...

L'uomo d'affari apre la bocca ma non trova niente da rispondere. Il piccolo principe si allontana.

P: Decisamente i grandi sono proprio straordinari.

L: Buon giorno.

P: Buon giorno. Perché spegni il tuo lampione?

L: E la consegna.

P: Che cos'è la consegna?

L: E la consegna di spegnere il lampione. Buona sera. ( Il lampionaio riaccende il lampione).

P: E adesso perché lo riaccendi?

L: E la consegna di accendere il lampione.

P: Non capisco.

L: Non c'è nulla da capire. La consegna è la consegna. Buon giorno. (Il lampionaio spegne il lampione).
Auff! Faccio un mestiere terribile. Una volta era ragionevole. Accendevo alla sera e spegnevo al mattino, e avevo il resto del giorno per riposarmi e il resto della notte per dormire.

P: E dopo di allora è cambiata la consegna?

L: La consegna non è cambiata ed è proprio questo il dramma! Il pianeta ha cominciato a girare sempre più in fretta e la consegna non è cambiata!

P: E allora?

L: E allora adesso il pianeta fa un giro al minuto, le mattine e le sere si susseguono velocemente, devo accendere e spegnere una volta ogni minuto e non ho più un secondo di riposo.

P: E divertente. Qui i giorni durano un minuto!

L: Non è per nulla divertente. Lo sai che stiamo parlando da una settimana?

P: Una settimana?

L: Sì. Sette minuti: sette giorni!

P: Sai... conosco un modo per riposare quando vorrai...

L: Lo vorrei sempre. Qual'è?