IO

1

Dente di cane è chiamato, il taraxacum officinale, oppure, con uno dei tanti nomi volgari, “soffione”; una comunissima pianta di campo che produce vividissimi fiori gialli e una curiosa infiorescenza chiamata pappo.
Quando ero bambino era una vera gioia per me riuscire, con un solo soffio, a disperdere nel vento tutti quei fantastici semi.
Qualcuno mi aveva detto che, se fossi riuscito a staccarli tutti con un solo soffio, avrei potuto esprimere un desiderio e questo si sarebbe avverato.
Beata età, quando riuscivo in quest’impresa, l’unico desiderio che sapevo immaginare, era quello di trovare altri soffioni.

2

Nella con-fusione viviamo la nostra vita, sotto il peso delle tre fondamentali verità: “Nascere, riprodursi, morire.” Chi siamo, che senso ha il nostro vivere, a che serve il dolore e la gioia, il nostro inseguire Dio e l’amore, sono domande cui non c’è dato avere risposte. Siamo condannati a “fare figli per la morte”, soltanto questo c’è dato sapere. Nessuna delle opere che abbiamo edificato è destinata a sopravviverci: è solo questione di tempo, spariranno le immense città e le altrettanto immense ricchezze che queste contengono; spariranno le opere del pensiero, le sinfonie, i libri e tutte le opere d’arte. “Che rimarrà di noi”, si chiede un poeta moderno? E’ una domanda sciocca: non rimarrà niente.
L’Uomo è un mistero, e questo mistero resterà irrisolto.
Eppure è così bello, così dolce il canto dei fringuelli in primavera, il colore della campagna in estate, il sapore dei frutti in autunno, il silenzio della natura in inverno… Il colore del cielo dell’ultimo tramonto o il ruggito del vento nella pineta; il brivido del primo bacio! Potessero queste cose rimanere nell’eterno nulla, potessi conservare queste cose in quel me senza nome che mi trascino come un ospite sconosciuto, solo questo vorrei, solo per questo amerei Dio.

3

Tu sei nata di maggio. Figlia di un sogno in te prorompe, come il profumo del glicine nelle fresche notti di primavera, la forza generatrice di Colui che è senza nome. Tu sei la Madre che contiene la forma di tutte le cose, la materia che deve essere tormentata e percossa affinché dal dolore e dalla sofferenza possa nascere la vita…
Tu che sei notte e luce, gemma d'incomparabile splendore, vedo danzare ogni sera sul mio orizzonte.
Promessa e speranza d'Amore.

4

L'eternità è una fanciulla che danza la corda, un cane che trotterella una palla, un gabbiano che volteggia nel vento, una fragola che trovi nel bosco. L'eternità è un battito di ciglia: se non sai vederla in questo, sei cieco per ogni altra cosa e, chiunque credi di essere, vali meno di niente.

5

La bellezza si sente con il corpo, camminando leggeri sul sommesso vibrare della terra, tra il profumo della mimosa che pare dare ali all'anima già pesante per il troppo sentire; o tra la nebbia, che smaschera la falsità del paesaggio costringendolo a smentire i suoi nitidi contorni, poiché ciò che si vede con gli occhi non è bello quanto ciò che si sente con la mente, col cuore.
La bellezza è qualcosa di non detto, un silenzioso richiamo che nega il clamore come l'eccesso.
Un fiore da solo è sempre più bello di un mazzo di fiori, la musica più bella si rivela soltanto nei suoi silenzi; la donna più bella si può amare soltanto socchiudendo gli occhi.
La bellezza è cancellare la realtà e poi ricordarla, poiché soltanto nel ricordo ciò che è reale è anche vero, e solo se ricordiamo noi siamo vivi.

6

Chi ha provato anche una sola volta a salire su una montagna, non importa quanto alta e ardua, sa che appena giunti alla cima, ancor più che al panorama, è a sé che si guarda.
Allora si scopre che la fatica di vedere se stessi è molto maggiore della fatica fatta per scalare la montagna.
Soltanto dopo si guarda giù in basso, alla via percorsa e alle case lontane, all'azzurro del cielo e alle nubi, che ora veramente sono vicine.
Si ascolta il silenzio, e si decide di scendere soltanto perché non è più possibile salire.

7

Un racconto giapponese narra di un uomo inseguito da un orso deciso a sbranarlo. Mentre stava fuggendo l’uomo cadde in un precipizio, in fondo al quale c’era un leone affamato che sicuramente lo avrebbe divorato. Il poveretto, nel cadere, riuscì ad afferrarsi ad un ramo, il quale però, cominciò ad essere divorato da una tartaruga e, certamente, si sarebbe spezzato. L’uomo era perduto, ma mentre si preparava a morire vide lì vicino una piccola fragola rossa, allora allungò una mano, la raccolse e se la mangiò. “Com’era buona!” Conclude il racconto.
La prima volta che ho letto questa storiella sono rimasto sconcertato: che voleva dire? Poi ho capito: così è la nostra vita, fra l’orso che c’insegue e il leone che ci attende: gustare una piccola fragola rossa.

8

Poeta. Cosa è un poeta? Può essere un interprete, un traduttore? Un tizio che, conoscendo il linguaggio degli dei, la bellezza, è in grado di tradurlo mediante il semplice impiego della parola?
La bellezza insomma ha bisogno per essere compresa di un interprete, un traduttore, che riporti all’umana comprensione ciò che altrimenti rimarrebbe ignorato, non visto, muto? Oppure il poeta è, come dice proprio un poeta, è un truffatore che compiendo giochi di prestigio con le parole, porta un po' a passeggio la nostra mente in "interminati spazi e sovrumani silenzi", senza però farci toccare dal sacro, dal divino, cosa che ci fa credere riservata soltanto a se stesso .
Io so soltanto che un giorno un tipo mi disse -" Lei è un poeta".- "Spero non sia un offesa."- Ho replicato io.

9

A volte vedo tanta bellezza che basta appena uno sguardo per colmarmene il cuore.

10

La chiarezza, la luce che alcune persone diffondono attorno a loro, o alle loro parole od azioni, altro non è che serenità. La serenità è la capacità di accettare la propria umanità, con tutti i limiti che questa possiede. L'oscurità dell'animo invece, è sempre conseguente ad una sopravvalutazione: si vorrebbe essere "simili a dei,” si finisce con l'essere "poveri diavoli". 11

Desiderio di musica: se la mia anima non sa cantare, impari ad ascoltare.

12

Pensiero e abitudine: quante nostre azioni sono fatte per abitudine, senza che il pensiero sia presente. E allora "noi" dove siamo? In che misura viviamo la vita o siamo vissuti da questa?
Se il nostro pensiero è frammentario, anche la nostra esistenza è frammentaria, quindi incompleta. Si potrebbe però rinunciare per esempio al sonno? Non credo proprio. Così è meglio che il nostro pensiero sia per la maggior parte del tempo assopito; una mente troppo vigile mostrerebbe la realtà per quello che è, e questo forse potrebbe impedire di commettere errori, ma senza errori la vita sarebbe certamente più sicura, ma altrettanto certamente più noiosa.

13

Il tempo è un nemico che non puoi sconfiggere. Il tempo è un amico che sconfigge tutti i tuoi nemici.

14

Di solito si è coscienti di sé soltanto nella sofferenza; il piacere annulla ogni consapevolezza.

15

... Un mazzetto di fiori raccolto in un momento di gioia e poi abbandonato sul ciglio di un sentiero, finché il sole e il vento e la pioggia non trasformano la morta bellezza in un mucchietto di polvere. Così siamo noi.

16

Passa il vento: i pioppi battono le mani.

17

Senza leggi mi sento libero, e non essendo legato a nessuna convinzione, fede o regola, mi posso permettere di confutarle o infrangerle tutte. Eppure c'è una legge che vorrei rispettare: la scrisse Epicuro un po' di tempo fa ma non sono ancora riuscito a trovare chi me la insegni. E' quella "dell'intelligenza delle cose". Cos’è insomma l'intelligenza delle cose, di quali cose parla? Vivere appartati fa parte dell'intelligenza delle cose? E Come accidenti si fa, oggi, a sfuggire a quello che lui chiama "falsi condizionamenti e desideri generati da vana opinione"? Per rispettare l'intelligenza delle cose bisogna prima essere intelligenti? Allora a noi stupidi (e siamo i più) non sarà mai concesso di capire cosa è l'intelligenza delle cose, e dovremo sguazzare per sempre nei nostri errori e quindi nell’infelicità!

La misura della nostra infelicità è data dallo spessore che attribuiamo al nostro essere: per chi è consapevole d’essere niente, nulla può veramente ferire: non esistere è la soluzione per non soffrire, perché la nostra anima, qualunque cosa sia, la sentiamo veramente presente solo nella sofferenza, proprio come siamo consapevoli dell’esistenza del dito, solo quando ce lo schiacciamo.
Ma sto divagando, e travisando probabilmente il pensiero di Epicuro. L'intelligenza delle cose non esclude la sofferenza; ad essere esclusa è la falsa opinione che attribuiamo a noi stessi, che ci fa ritenere di essere così importanti da meritare un paradiso eterno, a cominciare da subito.
L’intelligenza delle cose sta forse nell’insegnamento che il Budda ricevette un giorno per caso: né troppo tesa né toppo lasca, deve essere la corda del violino per suonare correttamente così, proprio come un suono che per essere tale deve accordarsi, cioè armonizzarsi con altri suoni, la nostra vita deve accordarsi con l'esistente; ed il nostro "a solo" deve sempre essere l’accompagnamento di qualche altro “a solo”, senza ignorare, in alcun modo, il tema fondamentale dell'esistere: l'Amore.

18

Il bosco è pieno di profumi. L'humus, fecondato dal calore dell'estate, genera la vita in mille forme diverse e manifesta questo processo con un odore pungente e inebriante.
Non so in che modo, ma la natura, come in un processo alchemico, distilla questi odori e li trasforma in emozioni affinché, sommerso da queste, sia possibile dimenticare gli affanni e sia meno doloroso il peso della solitudine.
Camminare nel bosco come il "Mistico Folle": ignaro della strada percorsa, come della meta, è questo il segreto della Pietra?

19

Un uomo come me preferisce vedere le cose da molto distante affinché queste non gli appaiano troppo grandi, tanto da sgomentarlo. Per questo quando devo vedere cose da cui, a volte, può dipendere la mia stessa vita, mi servo di un binocolo capovolto, così tutto mi appare più piccolo, e così faccio fino a che, a forza di ridurre, tutto diviene tanto piccolo, fino a sparire del tutto.

20

... Adesso vado a raccogliere un rametto di mimosa e te la mando. E' bella sai, la mimosa. E' il mio fiore preferito. Lo sapevi che non può essere tagliata, ma, per essere colti, i rami vanno spezzati altrimenti la pianta muore?
Forse così siamo noi: niente delicatezza, ci ferirebbe troppo.

21

Siamo come rami trascinati dalla corrente di un fiume, che si sfiorano un attimo, e in quel breve momento in cui c’incontriamo, crediamo di capire chi abbiamo davanti, da dove proveniamo e dove andremo a finire; e questo finché la stessa incomprensibile corrente che ci ha unito, ci separerà, per disperderci chissà dove.

22

.. Via Accademia Albertina, ore 18,15, 4° C sopra lo zero, umidità 110%, ossia piove. Il tramvai sta per arrivare all'altezza di Via B. Una figura, che per un improvviso diverbio avvenuto tra lei e la sua auto, ha dovuto servirsi del mezzo pubblico, si accinge a scendere. E' una donna. Ha due borse; in una c'è la monumentale Arte della Fuga del Vecchio Giovanni Sebastiano, nell'altra ortaggi e pacchi vari, la spesa insomma. Il tramvai si sta avvicinando alla fermata buona. E' stracarico di gente: operai e impiegati, massaie e servette di ogni formato e colore, e ancora sbandati di ogni razza risma e provenienza; c'è chi puzza, chi tocca il culo, chi pesta i piedi e chi ha la scimmia; c'è persino chi è senza biglietto - ultimo esemplare di qualche tribù di autoriduttori-.
In tutto questo marasma normale e quotidiano si ode una vocetta: "Scusi, lei scende?"
E' la domanda ansiosa che la nostra amica rivolge all'energumeno che gli si para davanti, o meglio alle sue natiche. E questo si volta, e dopo un'attenta ricerca scorge la "tappa", la squadra con uno sguardo di fuoco che quasi scavalca due splendidi baffi, e esclama in falsetto - poiché il tipo era membro nonché assiduo frequentatore della locale associazione Arcigay:" ma signora, non spinga, scendo anch'io alla prossima".
E alla prossima scende e, finalmente, riesce a scendere anche la nostra eroina.
Scende sul marciapiede appena in tempo per venire innaffiata da un'auto con dentro sei marocchini.
"Terroni!" esclama la poveretta, non trovando niente di meglio che l'intramontabile e tradizionale ingiuria razzista nazionale.
Poi si quieta, e rientra nel normale stato di nevrosi quotidiana. Solo Bach è incazzato nero ...
A questo punto ti starai chiedendo che cavolo vo' dicendo.
Ebbene, questa figuretta, che tanto assomiglia a te, è la mia anima! Troppi pensieri, troppa immaginazione non le permettono di "scendere a terra".
E questa rimane sospesa, senza radici, attratta dal bene, attratta dal male, anelante la luce, brancolante nel buio. Troppe cose da dire. Forse nulla ...

23

Vorrei che cadesse dai miei occhi il velo dell'illusione, così da poter vedere le cose per quello che realmente sono. Vorrei che questo desiderio d'amore si trasformasse in una vera capacità d'amare, affinché possa essere finalmente un uomo.
Vorrei essere libero. Libero persino della vita, se questa è una prigione.
Ma ahimè le cose, viste per quello che veramente sono, si rivelano spesso noiose, se non brutte.
E l'amore, l'amore di un uomo, tolti pochi attimi di esaltazione, si riduce quasi sempre in una gran seccatura.
La libertà infine non esiste, né di qua né all'altro mondo, a quanto pare. La libertà è il frutto della nostra ignoranza; solo quando non sappiamo cioè, siamo veramente liberi.

24

Forse avrei dovuto farmi prete.
I miei, quando ero piccolo, lo avrebbero voluto e, si sa, i genitori sono sempre saggi. E poi da prete sono sicuro che avrei avuto più fortuna con le donne.
In verità non si tratta di fortuna; è che io non ci so fare con le donne: sono davvero negato.
Posso fare l'elettricista, l'idraulico, qualunque cosa insomma, ma non posso avere a che fare con le donne.
Quasi quasi mi faccio gay, ma mi sa tanto che sarei una frana anche così. Evviva la castità allora! O la masturbazione, al limite.
Non è Woody Allen che afferma che masturbarsi è fare l'amore con una persona cui si vuole bene? Già, voler bene, amare insomma, ma che significa?
Io potrei amare la prima prostituta che mi dicesse ciao, e come l'amerei!
Invece mi tocca dividere l'esistenza col silenzio: un silenzio geloso, possessivo, che quando sono con gli altri mi suggerisce le parole tutte sbagliate o, nel migliore dei casi, mi porta con sé in qualche putrida palude dentro la quale scaglia la mia anima. E come se la gode a vederla dibattersi ed annaspare, senza che questa sia capace di rimanere a galla...

25

La mia anima è come un’immagine sbiadita che per troppo tempo è stata esposta alle intemperie: vale così poco che posso regalarla a chi la vuole. E se nessuno la vuole è lo stesso perché questa è come un cane randagio che fiuta e raspa " tra la spazzatura e i fiori", e può commuoversi ad un tramonto, può cantare alla luna o rabbrividire all'alba, madre di tutte le cose, e tanto gli basta.

26

Senti il dolore crescere fino a quando disperi di scoprirne i limiti.
A nulla serve ricorrere ai dolori passati per cercare di arginarlo. Questi, terribili una volta, si sgretolano di fronte al nuovo dolore come se, da solida roccia che erano, si fossero trasformati in sabbia che un niente basta a smuovere. Cresce questo dolore, e ogni istante pensi che sia l'ultimo, che smetta di crescere perché ormai è insopportabile; e dopo un istante quello che prima ritenevi insopportabile, lo rimpiangi come se fosse stata una lieve malinconia; e così senza sosta.

27

Viene la primavera e tutto diviene un inno alla vita. Nuovamente si schiudono le gemme, come le labbra degli amanti si aprono all’amore. Io, come una novella farfalla, voglio godere questo calore improvviso seguendo, senza una meta, il capriccio del vento. A che serve lottare per raggiungere il fiore più bello: questa sera non sarò più, e il fiore intravisto laggiù non è migliore di quello dove ora sono posato. Che sia il caso a guidare il mio volo in questo cielo di luce, in questo fiorire che inebria e stordisce, e in tutto questo brulicare di vita dove così dolce è vivere, sia dolce anche il morire.

28

Forse mi lascio troppo andare. Forse salgo troppo in cattedra. Forse ritengo di capire cose che in realtà non capisco per niente.
Che buio c'è in me!
C'è una massima di Tagore: "L'uomo s’insinua nella folla per soffocare il tumulto del proprio silenzio".
Ma altro che silenzio! A volte vorrei esprimerlo il silenzio. Quel silenzio che, dicono, solo il vero amore sa suscitare.
Invece mi rendo conto di essere un noioso petulante. Affermo che niente può essere veramente conosciuto e poi sparo cavolate a mitraglia alle quali, qualche volta, credo pure io.

29

Mutevole è la nostra vita, come le stagioni che si alternano, e i giorni e le notti, e l'imprevedibile spirito del tempo.
Ma nel nostro vagabondare sul duro dorso della terra, sempre ci accompagna una melodia: unica e nascosta, così bene ci accompagna che solo ai bambini è dato di ascoltarla; e agli stupidi, e ai pazzi.
Quelli che venuti dalla dolcezza, alla dolcezza vogliono ritornare. 30

Purtroppo ho una mentalità che oscilla fra l'idiozia e, non ridere, il genio. In genere prevale l'idiozia e, quando finalmente riemerge il genio, questo ha il suo da fare per ricostruire i comodi rifugi che l'idiozia ha smantellato; ma i nuovi edifici sono sempre diversi dai vecchi, così che devo trovare nuove mappe per poter commettere ancora gli stessi errori.

…Ricostruirsi daccapo, imparare, sarebbe questo il senso della vita?

Sulle macerie delle passate esperienze mettere ogni volta nuove fondamenta scavando nel profondo, e poi svettare verso l’alto mirando al cielo, così si dovrebbe costruire ogni nuovo edificio.
Spesso però, nello scavare trovo soltanto del fango e in superficie trovo nebbia: ottimi alimenti questi per l’idiozia che, almeno nel mio caso, sembra l’unica cosa veramente indistruttibile.

31

Strani uccelli i gabbiani. Sono animali solari eppure si nutrono di rifiuti. Il loro volo è magnifico e ogni volta che li guardo mi rapiscono l'anima.

32

E’ un giorno perso, se non sono stato capace di trovare in questo, qualcosa che mi abbia dato una piccola briciola di gioia. 33

Mi piace ridere e scherzare. "Il riso abbonda sulla bocca degli stolti" dicevano i latini, e sono pienamente d'accordo con loro. Il riso spesso "abbonda" in me, e quindi sono senz'altro stolto e "storto" (il contrario di dritto). Eppure più che il riso amo il sorriso: il riso serve a far dimenticare un dolore, con il sorriso si accoglie la gioia.

34

Strano interlocutore un foglio di carta bianca: pignolo e meticoloso, non tollera corbellerie.

35

Vi sono paesi che paiono sorti dal nulla, senza che mai l'uomo vi abbia messo mano. Nati come per germinazione spontanea su pendici, cime, erte impensabili per la mente razionale, paiono segnare il confine tra la terra e il cielo.
Di notte divengono pilastri su cui il cielo adagia il proprio firmamento.

36

“Attenzione! Pericolo d’inquinamento. Limitare l’uso dell’auto.”
Potessero essere messi tali avvisi anche per quanto riguarda l’inquinamento dell’anima: attenzione! Pericolo di disumanizzazione, limitare l’uso dell’ego; oppure: attenzione! Nebbia nell’intelletto, limitare l’uso dell’illusione e moderare il desiderio.
Ma a che scopo poi. Finirebbero anche questi come gli altri: non li leggerebbe nessuno o, se pure fossero letti, sarebbero tranquillamente ignorati. Dice l’antico poeta: “La morte è negligenza, la vigilanza è immortale”.
Così è anche per noi: manca la “vigilanza” e prevale la “negligenza”. Viaggiamo nella vita, ognuno nella personale strada di dolore, andando sempre più veloci, nel tentativo di raggiungere una felicità che ci sfugge ancora più velocemente: arriviamo sì da qualche parte, ma siamo già morti, e ancora non ce ne siamo accorti.

37

La vita, che strano spettacolo. La osservi affacciandoti al balcone della tua anima badando bene a non sporgerti troppo. Basta una sbirciata appena e si è già sazi. Guardarla troppo può far ammalare "d'infanzia e di teneri crepuscoli d'aprile" e niente ti potrà più guarire. Meglio non vederla e lasciarsi vivere così, come ci si abbandona ad uno scivolo: una sola breve e intensa emozione, e poi il buio.
Altri verranno su questo scivolo; e si chiameranno Pablo, Leone, Virginia, Tommaso, Grazia, Michele, Giovanni, Maria, Elisabetta e chissà come altro ancora, e per tutti sarà come per te: una sola breve emozione e poi il buio.
Un tempo c'era una stella. Sola, in un incommensurabile deserto, decise di specchiarsi nell'incommensurabile silenzio che la circondava, e appena si vide subito s'abbracciò. Così forte s'abbracciò che non poté fare altro che esplodere. Esplose in un’incommensurabile luce, ed emise un solo suono. Dolce come una ninna nanna che una mamma stanca e assonnata mormora al suo bambino: "MmmmM"...Noi siamo tutti figli di quella stella; e se ci guardiamo bene ancora brilliamo.